Uno studente di 19 anni, Sergio Ramelli, abitante in via Amadeo 4 è stato aggredito ieri pomeriggio a colpi di spranghe di ferro da alcuni giovani sconosciuti e si trova ricoverato in gravissime condizioni al padiglione Beretta del Policlinico dove i medici lo hanno sottoposto a un intervento chirurgico durato oltre cinque ore. Il giovane è un simpatizzante di destra, aderente al Fronte della Gioventù. (La notte 14.03.1975) L’aggressione è avvenuta alle 13.13 all’angolo di via Paladini con via Amadeo. Sergio Ramelli aveva appena posteggiato la sua moto quando è stato raggiunto da alcuni giovani . Le testimonianze a questo proposito sono state in un primo tempo discordi: chi parlava di due chi di sei elementi armati di chiavi inglesi e spranghe di ferro. Gli aggressori si sono avvicinati alle spalle dello studente e lo hanno colpito selvaggiamente al corpo e al capo. Soccorso e portato al Policlinico con un’ambulanza della Croce Santa Rita, il Ramelli è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico al capo durato oltre cinque ore. (Corriere della Sera 14.03.1975) Fino al febbraio scorso il giovane studiava all’Istituto Molinari. Aveva più volte avuto alterchi con i suoi compagni, che in questa scuola sono in maggioranza di sinistra. 

  La mattina del 3 dello stesso mese, padre e figlio si recarono in segreteria per sbrigare le pratiche relative al passaggio. All’uscita, in corridoio, un gruppo di ragazzi li circondarono chiamandoli “fascisti”. Intervennero alcuni professori e l’incidente finì lì. (La Stampa, 14/3/1975) Sergio Ramelli, che era fiduciario del “Fronte della Gioventù” al Molinari, era stato aggredito già in altre occasioni. Nel gennaio [dello] scorso anno era stato sottoposto a processo durante un’assemblea e, definito fascista, era stato espulso dall’istituto. Questo fatto aveva indotto il padre del ragazzo a trasferirlo in una scuola privata, dove frequentava il biennio quarta-quinta e si preparava all’esame per perito chimico. Sull’accaduto il “Fronte della Gioventù” ha emesso un comunicato nel quale denuncia “l’odiosa e bestiale aggressione contro un suo militante che una banda armata marxista ha colpito sotto casa riducendolo in fin di vita”. (LA NOTTE, 14/3/1975) Si sono svolti ieri pomeriggio i funerali di Sergio Ramelli, lo studente diciannovenne aggredito a colpi di spranga da un commando dell’ultrasinistra e spentosi martedì dopo quarantasette gironi di agonia. Il rito funebre è stato celebrato nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo. Dopo la cerimonia la salma di Sergio Ramelli è stata trasportata al cimitero di Lodi dove è stata tumulata nella tomba di famiglia. (Il Corriere della Sera, 1/5/1975) Alcune centinaia di aderenti al Fronte della Gioventù ed al MSI-DN erano davanti all’obitorio, dove la salma era stata vegliata a turno da alcuni di loro in una camera ardente. L’intenzione era di attraversare in corteo, dietro il feretro, la zona di Città Studi, per arrivare alla Chiesa parrocchiale per la cerimonia funebre. Per timore di incidenti la questura aveva però vietato questo corteo e coloro che erano davanti all’obitorio si sono recati a piccoli gruppi alla chiesa, dove erano state poste numorose corone di fiori fra cui quella del Presidente della Repubblica. Ad attendere l’arrivo della bara erano, davanti alla chiesa, il segretario nazionale del MSI-DN, on.Almirante ed altri esponenti del partito. Almirante ha pronunciato una orazione funebre, quindi, insieme all’on. Servello, e a due giovani del “Fronte della gioventù” ha portato a spalla il feretro sino al furgone funebre, che ha raggiunto Lodi, ove la salma è stata sepolta nella tomba di famiglia. (Il Mattino, 3/5/1975) 

  Omicidio volontario, tentativo di omicidio, sequestro di persona, associazione sovversiva, danneggiamento: sono questi alcuni dei reati contestati alle ventiquattro persone che compariranno domani davanti alla seconda corte d’Assise, dove sarà rievocata una serie di violenze politiche avvenute negli anni settanta a Milano e culminate con l’uccisione di Sergio Ramelli, il ragazzo del Fronte della Gioventù assassinato a colpi di sbarre metalliche sulla testa da un commando di Avanguardia operaia. Dieci sono gli imputati accusati di concorso nell’omicidio di Ramelli. Si tratta di professionisti (quasi tutti medici) all’epoca studenti, poi laureatisi ed ora chiamati a rispondere del brutale delitto. Claudio Colosio, Franco Castelli, Giuseppe Ferrari Bravo, Luigi Montanari, Walter Cavallari, Claudio Scazza sono laureati in medicina, Brunella Colombelli (l’unica donna del gruppo) è ricercatrice universitaria. Gli altri tre sono Giovanni Di Domenico, consigliere di Democrazia proletaria al comune di Gorgonzola (Milano), Antonio Belpiede, capogruppo Pci a Cerignola (Foggia) e Marco Costa. Alcuni di questi insieme ad altri nove persone dovranno rispondere anche di triplice tentativo di omicidio per l’assalto al bar di Porto di Classe, nella zona di Città Studi. (Il Secolo d’Italia, 15/3/1987) “In realtà nessuno se la sentiva e forse per questo decidemmo di andarci tutti insieme”. Così ha raccontato ieri sera in Tv Marco Costa a Enzo Biagi e a milioni di italiani. E poi ha ricostruito pezzo a pezzo il mosaico del delitto Ramelli, senza attenuare le sue colpe, anzi, seguendo la traccia che il rimorso gli ha lasciato dentro in tutti questi anni di ricordi e di incubi. Tutto concentrato in quell’attimo tremendo, che ‘sembrò un’eternità’, quando la squadra punitiva in attesa sotto la casa del ragazzo fascista, lo vidi arrivare in motorino.

  “Lui ci vide e lo vidi lui – racconta Costa – e fu l’attimo più tremendo quello che rivivo ancora adesso”. Marco Costa lo ammette: vide un ragazzo molto simile a lui, come era allora, un ragazzo – dice – “col suoi desideri”. “Il prImo a colpire fui io, essendo il caposquadra”, continua e mentre parla guarda dentro la telecamera. Marco Costa, interrogato da Biagi durante la puntata di ieri del Caso, dice di non aver chiesto perdono alla madre di Ramelli, perché pensa che per lui e i suoi compagni non è il momento di chiedere, ma il momento di dare. E tutto quello che posso dare è la verità. Impegno tremendo anche in situazioni meno drammatiche. Giovanni Di Domenico, pure intervistato da Biagi, anche se si è rifiutato di entrare nel merito del processo, ha aggiunto: “Una morte non si giustifica mai, ma comunque il clima di quegli anni anche se non giustifica, può far capire. Credevamo che bastasse poco per cambiare il mondo”. (L’Unità, 1/4/1987) Sono diventate definitive le condanne ai due autori materiali dell’ uccisione dello studente di destra, Sergio Ramelli, e agli altri sei componenti il gruppo di Avanguardia operaia che aggredirono la vittima, il 13 marzo 1975, mentre faceva ritorno alla sua abitazione di Milano. La Corte di Cassazione (presidente Corrado Carnevale) ha sostanzialmente confermato le condanne della Corte di Assise di Appello affermando che il reato commesso è stato l’ omicidio volontario e non, come sancito in primo grado, l’ omicidio preterintenzionale. Ai due autori del delitto, Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo, le condanne, divenute irrevocabili, sono per il primo di 10 anni e un mese di carcere e per l’ altro di 9 anni e sette mesi, tenuto conto di alcuni sconti applicati dai giudici. Le altre pene riguardano Antonio Belpiede e Claudio Colosio (7 anni) mentre Brunella Colombelli, Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari dovranno scontare 6 anni e tre mesi.(Repubblica 24 gennaio 1990.)

Dott. Massimiliano Piga per Gazzetta Sarda

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